(22.5.2020) L’arte non dorme e non si fa fermare, né rinchiudere, anzi erompe, attraversa gli spazi e li trasforma.
In questo tempo sospeso, in questo periodo di lockdown, gli spazi per la condivisione sono stati inaccessibili, ma come spesso accade, gli impedimenti, gli ostacoli spiazzano lo sguardo e aprono l’immaginazione a nuove vie, non per sostituire quelle che speriamo di poter presto tornare a percorrere, ma per aggiungerne di nuove che possano arricchire il panorama.
In questo tempo esteso e denso, certamente intenso, abbiamo cercato nel fondo di noi stessi risposte alle nostre vere necessità, quelle più profonde e più intime e quelle che ci definiscono come società. Forse questo periodo straordinario non ci ha trasformato ma ci ha certamente messo in contatto con chi siamo veramente. Per chi vive di cultura non è stata una sorpresa, ma in molti, per resistere allo stress, alla paura, o anche solo all’intensa emozione di ritrovarsi soli con loro stessi, si sono rivolti alla cultura, aprendo un libro come non facevano da tempo, ascoltando assetati fiumi di audiobook, cercando il teatro in monologhi in streaming sui social o in una trasmissione su rai5, cibandosi di documentari sull’arte o visitando virtualmente musei che magari avevano da sempre a due passi senza esserci mai entrati. Chi invece ha sempre saputo che può anche essere vero che la cultura non si mangia, ma certamente si respira, chi di cultura e per la cultura vive, ha spesso usato questo tempo, lo ha sfruttato, avendo l’intuizione o almeno la sensazione che potesse racchiudere una occasione per ripensare sistemi e stilemi, per riflettere, ragionare, lavorare e costuire nuovi modi di fare e far fruire l’arte.
In questi giorni musei e luoghi della cultura stanno gradualmente riaprendo i battenti – bene – ma dovremmo essere più che mai consapevoli che non è aprire le porte di un edificio che lo rende abitato o anche solo abitabile. Abbiamo la responsabilità da un lato di non far dimenticare, a chi in questi mesi ha riscoperto il suo bisogno di cultura, quanto sia importante dargli respiro, magari immaginando con lui e per lui nuovi paradigmi di partecipazione culturale, e dall’altro abbiamo il dovere di non lasciar scivolare nell’oblio gli esperimenti che abbiamo visto nascere, perché il mondo della cultura aveva bisogno di una scossa già da prima dello tsunami Covid19, così come ne aveva bisogno una società vecchia e incartapecorità incapace di reagire al suo palese degrado. Abbiamo la responsabilità di rimettere in moto la cultura per ridisegnare la società, facendola giocare al tavolo “dei grandi”. L’arte non è aliena e certamente non è elitaria, l’arte è pluralità dello sguardo, può essere vissuta come intima rivoluzione e soprattutto come scintilla di costruzione sociale e civile.
Dunque non facciamoci prendere dal trantran del ripristino, rimaniamo concentrati sull’idea di ridisegnare la società che vogliamo vivere. Svelgliamoci ma continuiamo a sognare con gli occhi aperti sulle esperienze che stanno nascendo, registriamole, interroghiamoci, confrontiamoci e vediamo di costruire un futuro in cui la cultura sia sempre più parte integrante e attiva della nostra società.
Un esempio “luminoso” è quanto accaduto domenica 17 maggio 2020, quando simultaneamente a Roma (h 22:30) e a New York (h16:30) ha preso vita una proiezione su facciate di palazzi, terrazzi, tetti, strade e cortili. La mostra delle opere realizzate da artisti internazionali durante il lockdown, raccolte da Lazzaro art doesn’t sleep – da un’idea di Laura Mega, progetto a cura di Claudia Pecoraro – ha illuminato gli spazi delle città, sfiorando e trasformando le superfici e gli sguardi di chi si è affacciato su quel nuovo panorama.
In questi giorni le curatrici stanno pubblicando sui social le immagini straordinarie che l’incontro delle opere degli artisti e le diverse superfici ha creato come scintille in una surrealista notte dei lampi e delle idee.
In questi giorni, settimane, mesi ci siamo ritrovati a pensare molto e incredibilmente ad agire ancor di più. Con Massimo Di Leo, abbiamo aderito all’appello, ci siamo fatti “proiezionisti” e, come dicono le curatrici nella loro call to action, “corresponsabili della diffusione di arte in città in questo momento difficile”, ma lo abbiamo fatto con la nostra cifra, così abbiamo pensato di partecipare al vernissage della mostra con un gioco performativo immaginato per quella che oramai chiamiamo Agorà Verticale, con cui sperimentiamo dall’inizio del lockdown forme di cultura partecipata con proiezioni, letture e performance, coinvolgendo i nostri vicini/sodali, compagni di molte avventure creative nate in questi giorni di isolamento-iperconnesso.
Abbiamo proiettato lontano le idee in cui crediamo. Abbiamo proiettato la luce dell’arte ad accendere la città. Abbiamo giocato e ballato con la luce, la forma e il pensiero dell’arte e gli abbiamo “dato corpo”.
https://www.facebook.com/LAZZAROartdoesntsleep/posts/114079410311159
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