(31.5.20) Dalla pandemia alla transizione. Scenari per un cambiamento sociopolitico

0

(31.5.2020) Rilanciamo questo articolo di Daniele Conversi (docente al Departamento de Historia Contemporánea, University of the Basque Country, Spagna) appena pubblicato su Micromega. E’ lo sviluppo di un suo intervento lanciato su RiavviaItalia un mese fa circa. E’ un ottimo spunto di riflessione sulle contraddizioni del cambiamento sociopolitco che si sta prospettando, a partire dalla deriva della “infodemia”.

Errori immensi, e forse irreparabili, sono scaturiti dalle scelte politiche globali negli ultimi quarant’anni. Due tra questi sono intrinsecamente legati tra loro: la distruzione dell’ambiente, senza precedenti nella storia umana; e il crescente divario tra ricchi e poveri, o meglio, tra una minuscola élite globale di super-ricchi e una massa di ceti impoveriti, diseredati e destituiti.

In quest’articolo, spiego perché questi due fattori sono interconnessi e come tutti gli scenari possibili di ricostruzione post-pandemica debbano tenerne conto. Il divario economico va considerato un fattore centrale nelle molteplici catastrofi a cui stiamo assistendo: non solo la pandemia e il cambiamento climatico, ma anche le parallele crisi ambientali, come la contaminazione causata dalla microplastica, la sesta estinzione di massa e la ancor più pericolosa e nefasta perdita della biodiversità.

Affrontare la diseguaglianza

In modo simile al cambiamento climatico, la pandemia ci è apparsa in un primo momento come una grande livellatrice. Sembrava colpire tutti senza discriminazioni. Ma sia il cambiamento climatico, sia la pandemia hanno anche dimostrato come una stessa tragedia colpisca in realtà di più i più vulnerabili.

Un rapporto di Oxfam pubblicato poco prima dell’inizio del lockdown denunciava come un numero irrisorio di miliardari (2.153) abbia accumulato più ricchezza del 60 per cento della popolazione del pianeta (4,6 miliardi) e come il numero di miliardari sia raddoppiato nell’ultimo decennio. Una disparità che riguarda anche il genere: i 22 uomini più ricchi del mondo (i primi 12 tutti statunitensi, tranne uno) hanno più ricchezza di tutte le donne d’Africa messe insieme. In Italia, tre super-miliardari possiedono più capitale di 6 milioni di italiani, il 10 per cento della popolazione.

La situazione in questo periodo è assai peggiorata negli Stati Uniti, dove, tra il 18 marzo e il 10 aprile, mentre il tasso di disoccupazione saliva al 15 per cento (cifra rapidamente aumentata in seguito), la ricchezza combinata della élite iper-miliardaria americana aumentava di circa il 10%, con ben 282 miliardi di dollari in più. Tutte le attività produttive a loro connesse contribuiscono al cambiamento climatico alimentando i consumi di massa e una ossessione per l’acquisto di beni di consumo. Con un aumento del fatturato di circa 25 miliardi di dollari dal 1° gennaio al 15 aprile 2020, l’impennata di ricchezza di Jeff Bezos non ha precedenti nella storia finanziaria moderna. La massiccia chiusura e il collasso dei piccoli negozi e commerci non è quindi unicamente conseguenza della pandemia.

Come arginare tale crescente divario prima che raggiunga proporzioni ancora più preoccupanti? Quali politiche di lotta alla disuguaglianza potrebbero essere adottate? Le proposte di Oxfam non sono forse rivoluzionarie: si suggerisce che l’1% più ricco paghi lo 0,5% di tasse in più sulla propria ricchezza nei prossimi 10 anni. Ciò consentirebbe di «creare» 117 milioni di nuovi posti di lavoro.

Ma questi non saranno altro che palliativi se non si affronta al contempo l’emergenza climatica, problema ancora più complesso, devastante e causa di nuove povertà e future instabilità. I due problemi sono legati anche per via della enorme disparità tra le élite produttivistiche e le prime vittime dell’emergenza del clima. Sebbene il cambiamento climatico non conosca frontiere, i gruppi più immediatamente vulnerabili tendono a essere i più poveri e marginalizzati. Inoltre, le popolazioni più colpite spesso non sono partecipi dell’economia di mercato, bensì vivono in nicchie scarsamente collegate ai flussi della globalizzazione neoliberista o ne costituiscono la manodopera a basso costo. I Tristi Tropici di Levi Strauss sono diventati i Tropici del caos dell’Antropocene.

Ma tutto ciò cosa ha a che fare con le pandemie e quindi con il mondo che si vuole costruire mentre saremmo costretti a convivere con questa minaccia? Più di quanto si possa pensare.

(continua)

Scegli la tua Reazione!
Lascia un Commento
Ultimi post