IL VUOTO DI POTERE E IL DISBRIGO DEGLI AFFARI CORRENTI

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Abbiamo riavviato la piattaforma e allo stesso tempo abbiamo ripreso ad interrogarci su come ottimizzarla. Dopotutto è questo il nostro intento: ripensare facendo. Per qualche giorno non pubblicheremo nuovi contenuti su queste pagine web: aggiorneremo RiavviaItalia perché sia più simile a un social network che a un blog, dopotutto raccogliendo le idee con le schede-progetto si era già delineata la piattaforma partecipativa che si desiderava. Concepirla quindi come un ideario intorno a cui sviluppare commentario (usando per bene i forum di cui ci si era dimenticati con l’avvento dei social network) e allargare sia lo spettro d’analisi teorica sia quello di fattibilità. Ecco che abbiamo ripreso a metterci le mani (e la testa) sulla piattaforma, perché sia più performante e partecipativa, trovando il modo per far rilevare alcune connotazioni di comunità (più tematiche che territoriali) e allo stesso tempo per connetterle tra di loro. Per far questo serve un po’ di vuoto… siamo ripartiti ma per qualche giorno non scriveremo nuove idee, ci dedicheremo invece a un lavoro in profondità, concentrandoci sulle nuove funzionalità, ci occuperemo di pensare e potenziare la struttura da mettere a servizio delle idee. Ragioniamo sull’utilità di certi reset per quanto possano sembrare traumatici, momenti per guardare la complessità e cercare di interpretarla e comprenderla per risolverla, proprio come dobbiamo fare nel caso di questa improvvida crisi di governo (in piena crisi pandemica).

E ora parliamo di politica, ancora un post, dopo di che si sospende per una settimana la pubblicazione di contenuti su RiavviaItalia 2.1 per concentrarci sul suo motore.

Dobbiamo prendere atto del vuoto di potere che ha corrotto la filiera delle responsabilità politica nei confronti della res pubblica. Non c’è governo eppure è fondamentale che si governi, magari lavorando sotto, drenando, puntellando. Si rimane tutti sospesi, almeno per quanto riguardo l’aspetto top down dei decisori parlamentari (che avranno il dovere di architettare un buon piano di crescita e resilienza per NextGenerationEU a partire da quello già impostato). Anche se noi siamo espressione del mondo bottom up (quello che spinge dal basso, di lato e altrove) e che, oltre ad assistere a questa commedia istituzionale, cerca di stanare i referenti più prossimi alla progettualità per i beni comuni, auspicando un salto di qualità della cosa pubblica.

Focalizziamo quindi la situazione della crisi governativa: una volta  che il presidente del consiglio dà le dimissioni, si dice che il governo “resta in carica per il disbrigo degli affari correnti”. Vediamo cosa significa e quali sono i limiti all’azione di un governo dimissionario.

Da Openpolis

Quando un governo è dimissionario, deve comunque restare in carica fino a che non se ne sia insediato uno nuovo. Il motivo è che un paese non può restare senza governo, cioè privo del vertice esecutivo e amministrativo dello stato. Si pensi agli atti dovuti (perché imposti dalle leggi) o urgenti che quotidianamente richiedono l’attività dell’esecutivo, sia collegialmente (in consiglio dei ministri) sia dei singoli ministeri. L’assenza del governo comporterebbe una paralisi amministrativa.

Allo stesso tempo, avendo dato le dimissioni, il governo uscente non ha più la stessa legittimazione politica di uno nel pieno delle sue funzioni. Per questa ragione, pur non essendo disciplinato in modo specifico dalla costituzione, la prassi costituzionale prevede che il governo resti in carica per “il disbrigo degli affari correnti”. È con questa espressione che il Quirinale, nel prendere atto delle dimissioni del presidente del consiglio, invita il governo a restare in carica per garantire la continuità nell’azione amministrativa.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto questa mattina al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Avv. Giuseppe Conte, il quale ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto. Il Presidente della Repubblica si è riservato di decidere e ha invitato il Governo a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti.
– Comunicato del presidente della repubblica, 26 gennaio 2021
Ma cosa significa nello specifico l’espressione “disbrigo degli affari correnti“? Nell’ampiezza di questa formula (come vedremo dibattuta tra gli stessi costituzionalisti), dagli anni ’80 si è affermata la consuetudine, per i presidenti del consiglio uscenti, di esplicitare in un’apposita direttiva i confini dell’azione politico-amministrativa del proprio governo.

Si tratta di un atto di autolimitazione, con cui l’esecutivo si impegna a limitarsi ad assicurare la continuità amministrativa, ad attuare determinazioni già assunte dal parlamento e ad adottare solo atti urgenti. Non c’è un contenuto rigidamente preordinato, ma dei principi guida cui attenersi, enucleati dalla dottrina, per cui il governo dovrà:

(…) compiere gli atti dovuti (obbligatori) e tutti quelli la cui proroga comporterebbe un apprezzabile danno dello stato, mentre dovrà astenersi, sul piano della correttezza politica, da tutti quegli atti discrezionali che possono essere rinviati al futuro governo senza apprezzabile danno.
– U. Rescigno “Corso di diritto pubblico”, 2010, cit. in F. Cerquozzi, 2019

In concreto questi limiti si traducono nel:non esaminare nuovi disegni di legge, a meno che non siano imposti da obblighi internazionali; approvare decreti legislativi solo se serve ad evitarne la scadenza dei termini; non adottare nuovi regolamenti ministeriali o governativi, a meno che la legge o obblighi internazionali non impongano altrimenti, oppure che siano necessari per l’operatività della pubblica amministrazione o per l’attuazione di riforme già approvate dal parlamento; non procedere con nomine o designazioni che non siano vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, o che comunque non siano procrastinabili fino all’entrata in carica del nuovo governo.

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