PUNTI SULL’ECONOMIA FONDAMENTALE: IV LA LICENZA SOCIALE PER UNA RESPONSABILITA’ DIFFUSA NEL MERCATO

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Tutti gli attori economici coinvolti nell’economia fondamentale dovrebbero essere sottoposti a un principio di licenza sociale, ovvero a una regolamentazione che impone obblighi di ordine sociale e ambientale.

Che operino con o senza scopo di lucro, tutti questi soggetti occupano una posizione privilegiata, nella misura in cui godono di una domanda sociale di beni e servizi sostanzialmente anelastica. A fronte del fatto che la loro quota di mercato è tutelata da apposite regolamentazioni (come i piani commerciali che pongono limiti alla realizzazione di superfici di vendita) e che non di rado esse si giovano direttamente di finanze pubbliche (non soltanto in caso di salvataggi, ma anche per attività ordinarie, come nel caso dei servizi postali e dei servizi di trasporto sussidiati), nei confronti di tutte le imprese che operano nell’economia fondamentale dovrebbero essere fatti valere obblighi sociali ineludibili, come l’eliminazione dell’occupazione precaria e la piena trasparenza fiscale, la trasparenza e la correttezza delle attività contrattuali con i fornitori, il divieto di operazioni di disinvestimento nei contesti economicamente più bisognosi.

Le regolamentazioni di tutela dei consumatori basate su assunti economici ortodossi hanno sinora fallito e sono sempre più irrilevanti in un’economia delle piattaforme, nella quale le organizzazioni continuano a praticare modelli di business che non tengono conto delle conseguenze sociali e degli impatti ambientali. Gli esempi sono innumerevoli, e in alcuni paesi (come l’Italia) riguardano anche settori controllati da imprese di proprietà pubblica (benché di diritto privato): si va dalla resistenza che le catene di distribuzione alimentare oppongono alla riduzione degli imballaggi in plastica, alle ristrutturazioni dei servizi di trasporto che penalizzano le aree periferiche, alle riduzioni di servizi (come quelli postali e quelli di retail banking) finalizzate alla massimizzazione dei rendimenti.

Spesso le imprese che si candidano ai salvataggi sono quelle che hanno adottato comportamenti irresponsabili, indebolendo i bilanci e la loro solidità pur di praticare generosissime distribuzioni di dividendi agli azionisti. E la massimizzazione del valore per gli azionisti si accompagna spesso a scelte che hanno un pesante impatto sociale, come nel nuovo piano industriale di Unicredit in Italia, che prevede, nel 2023, 500 filiali e 8.000 dipendenti in meno, per distribuire agli azionisti 8 miliardi di euro; o quello di Poste Italiane, che annuncia per il 2021 un dividend payout minimo del 60%, insieme al taglio di 3.000 unità di personale all’anno. (Foundational Economy Collective)

(segnalazione di Vincenzo Fischetti)

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