È indispensabile accorciare le lunghe e fragili catene di approvvigionamento dei beni fondamentali, riconoscendo al tempo stesso la vacuità del localismo autarchico. Beni e servizi fondamentali devono, per loro stessa natura, essere forniti localmente.
Ci sono molti margini per allargare le attività di produzione locali. È il caso degli alimenti, per esempio. Una parte della produzione di prodotti finiti e dei loro input, tuttavia, sono a filiera lunga, e questo è in larga parte inevitabile. Non possiamo realisticamente pensare di tornare alla configurazione degli anni ’50, quando le grandi aziende dell’Europa occidentale fornivano più di 3/4 della loro produzione al mercato nazionale. Tuttavia, è privo di senso che si debbano importare dall’estremo Oriente beni indispensabili come i dispositivi di protezione individuale per il personale sanitario. Bisogna progettare catene più corte e approvvigionamenti non transazionali ma relazionali, cioè con fornitori preferenziali, la cui produzione non debba essere aggiudicata al miglior offerente.
Per quanto riguarda le attrezzature essenziali più sofisticate, l’esperienza del 2020 mostra che è necessaria una soluzione ‘euro-regionale’, con un certo numero di fornitori dell’UE che accettino di rifornire il mercato dell’Unione Europea in quanto tale, senza speculazioni e senza preferenze per specifici mercati nazionali. In questo modo, all’interno di un’area politico-economica, l’approvvigionamento diventerebbe meno transazionale e più relazionale. Più in generale, occorre prendere atto che viviamo in un mondo politico sempre più instabile, e che fantasticare il successo economico attraverso il libero scambio non ha più senso quando le aree di interdipendenza sono così ampie e rilevanti.
“Negoziare i prezzi” sui mercati globali è una fantasia da brexiteers, nel Regno Unito come negli altri paesi che hanno un grande deficit commerciale e deboli strumenti di deterrenza. Sul versante opposto, altri paesi, come la Germania, hanno mantenuto una politica di enorme avanzo commerciale e di pareggio del bilancio federale. Ma quel che hanno ottenuto, così, è stata la ricetta per destabilizzare l’Europa senza riuscire a finanziare, al proprio interno, i servizi fondamentali e il rinnovamento delle infrastrutture. (Foundational Economy Collective)
(segnalazione di Vincenzo Fischetti)
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